Intervento coronarico percutaneo: accesso radiale e confronto degli esiti rispetto ad accesso femorale
L’accesso radiale per l'intervento coronarico percutaneo ( r-PCI ) è associato a ridotte complicanze vascolari; tuttavia, studi precedenti hanno dimostrato che meno del 2% delle procedure di intervento coronarico percutaneo ( PCI ) negli Stati Uniti viene eseguito mediante l’approccio radiale.
Sono state valutate le tendenze temporali nel ricorso a r-PCI e sono stati confrontati gli esiti procedurali tra r-PCI e PCI transfemorale mediante uno studio di coorte retrospettivo dal Registro CathPCI ( n=2.820.874 procedure di 1.381 siti ) nel periodo 2007-2012.
È stata valutata l'associazione corretta tra r-PCI e sanguinamento, complicanze vascolari e successo procedurale, utilizzando PCI transfemorale come riferimento.
Sono stati esaminati anche gli esiti nei sottogruppi ad alto rischio quali età a partire da 75 anni, donne e pazienti con sindrome coronarica acuta.
La proporzione di procedure r-PCI è aumentata da 1.2% nel primo trimestre del 2007 a 16.1% nel terzo trimestre del 2012, e ha rappresentato il 6.3% delle procedure totali nel periodo 2007-2012 ( n=178.643 ).
Dopo aggiustamento per variabili multiple, l'uso di r-PCI nella coorte studiata di pazienti è stato associato a un minor rischio di sanguinamento ( odds ratio aggiustato, OR=0.51) e a più basso rischio di complicanze vascolari ( OR=0.39 ) rispetto a PCI transfemorale.
La riduzione del sanguinamento e delle complicanze vascolari è stata costante nei sottogruppi di età, sesso e presentazione clinica.
In conclusione, c’è stata una crescente adozione di r-PCI negli Stati Uniti.
Il PCI transradiale rappresenta oramai uno di 6 interventi coronarici percutanei eseguiti nella pratica clinica contemporanea.
In confronto con l’accesso tradizionale femorale, l’intervento coronarico percutaneo transradiale è associato a più bassi tassi di complicanze vascolari ed emorragie. ( Xagena2013 )
Feldman DN et al, Circulation 2013; 127: 2295-2306
Cardio2013
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